Che rischio incendio è la mia attività?Che formazione antincendio devo fare?

Secondo l’attuale normativa Antincendio, D.M del 02/09/2021, i luoghi di lavoro possono essere classificati: basso rischio incendio o non basso rischio incendio.

Sono considerati luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio quelli ubicati in:
  • attività non soggette (Nota Per attività non soggette si intendono quelle attività non ricomprese nell’elenco dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011)
  • attività non dotate di specifica regola tecnica verticale (Es. Ristoranti e cucine)
  • attività aventi tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:
  1. con affollamento complessivo 100 occupanti; [Per occupanti si intendono le persone presenti a qualsiasi titolo all’interno dell’attività]
  2. con superficie lorda complessiva 1000 m2
  3. con piani situati a quota compresa tra -5 m e 24 m;
  4. Dove non si detengono o trattano materiali combustibili in quantità significative; [Generalmente, per quantità significative di materiali combustibili si intende qf > 900 MJ/m2 ]
  5. ove non si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose in quantità significative;
  6. ove non si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio
Sono considerati luoghi di lavoro a non basso rischio d’incendio quelli ubicati in:
  • attività ricomprese nell’elenco dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011
  • attività dotate di specifica regola tecnica verticale ovvero di normativa antincendio valida per una singola attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi

In presenza di un rischio d’incendio NON BASSO la valutazione dello stesso dovrà essere effettuata da un professionista antincendio.

Diversa è invece la classificazione degli addetti antincendio individuati all’interno dell’attività, si parla infatti di: LIVELLO 1, LIVELLO 2 e LIVELLO 3.

Rientrano nel Livello 1:
  • le attività non presenti nelle altre fattispecie dove, in generale, le sostanze presenti e le condizioni di esercizio offrono scarsa possibilità di sviluppo di focolai e ove non sussistono probabilità di propagazione delle fiamme.
Nel Livello 2 rientrano:
  • i luoghi di lavoro compresi nell’allegato I al D.P.R n.151 del 1/08/2011 con esclusione delle attività di livello 3;
  • i cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all’aperto
Infine, nel Livello 3 ricadono:
  • stabilimenti di “soglia inferiore” e di “soglia superiore” come definiti all’articolo 3, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105;
  • fabbriche e depositi di esplosivi;
  • centrali termoelettriche;
  • impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili;
  • impianti e laboratori nucleari;
  • depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 m2;
  • attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 m2;
  • aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 m2; metropolitane in tutto o in parte sotterranee;
  • interporti con superficie superiore a 20.000 m2;
  • alberghi con oltre 200 posti letto;
  • strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno; case di riposo per anziani;
  • scuole di ogni ordine e grado con oltre 1.000 persone presenti;
  • uffici con oltre 1.000 persone presenti;
  • cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 metri;
  • cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi;
  • stabilimenti ed impianti che effettuano stoccaggio di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera aa) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché operazioni di trattamento di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s) del medesimo decreto legislativo; sono esclusi i rifiuti inerti come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36

Lo schema riportato riassume e semplifica in modo chiaro.